Un finale da kolossal per una carriera ineguagliabile nella storia del ciclismo italiano e internazionale: Elia Viviani saluta l’agonismo con il titolo iridato dell’eliminazione, assegnato domenica sulla pista di Santiago del Cile.
Elia Viviani lascia con il titolo iridato dell’eliminazione
«The last dance», il titolo più evocativo per tutti gli amanti del documentario sportivo. Al netto dei problemi di copyright, funzionerebbe benissimo per raccontare la strepitosa carriera di Elia Viviani, che ha salutato il suo giardino di casa (la pista) con l’iride nella corsa a eliminazione, di cui era già stato iridato nel 2021 e nel 2022.
Il 36enne originario di Isola della Scala (Verona) si era presentato all’ultima prova della carriera a fari spenti dopo l’undicesimo posto nella corsa a punti di due giorni prima. Eppure, il campione olimpico dell’omnium ai Giochi olimpici di Rio 2016 coltivava in cuor suo la speranza di salire quantomeno sul podio.
In una gara crudele come nessun’altra – ogni due giri scatta la tagliola dell’eliminazione per l’ultimo della compagnia – il pistard veneto si è fatto trovare quasi sempre davanti, tenendo sotto controllo la situazione. E mentre i suoi possibili rivali – l’australiano Liam Hansen, il canadese Dylan Bibic, il danese Tobias Hansen – uscivano anzitempo, Viviani si faceva trovare pronto, sempre.
Sei, cinque, quattro atleti ancora in corsa: il conto alla rovescia era sempre più favorevole al veronese. Che, dopo aver piegato la resistenza del britannico William Tidball, si era assicurato almeno un posto sul podio. Uscito di scena anche l’olandese Yoeri Havik, Viviani doveva superare soltanto la concorrenza del neozelandese Campbell Stewart, che affronta in testa l’ultimo giro. Tuttavia, l’azzurro non molla la sua ruota, lo affianca all’ultima curva per poi bruciarlo sul traguardo. Medaglia d’oro: non il classico premio alla carriera. La parola giusta è leggenda.
Una carriera sensazionale (anche su strada)
Quand’anche non fosse uscito di scena così, tutti avrebbero elogiato il campione che è stato. Non solo su pista – dove ha raccolto i più grandi successi della sua vita sportiva – ma anche su strada: 91 vittorie in 15 anni di volate, comprese 4 tappe alla Vuelta di Spagna, 2 al Giro d’Italia e una al Tour de France, un titolo europeo in linea, un campionato italiano e 3 edizioni della Classica di Amburgo.
Tuttavia, se Viviani è diventato una bandiera dello sport italiano, tutto questo è stato possibile grazie ai trionfi nei velodromi. In cima alla lista, naturalmente, c’è la medaglia d’oro di Rio 2016 nell’omnium, quattro anni dopo l’atroce delusione subita a Londra, quando rimase giù dal podio in questa multiforme specialità proprio dopo l’ultima delle 6 prove (il chilometro lanciato). La sua storia d’amore a cinque cerchi, però, è proseguita anche nelle due successive edizioni dei Giochi: bronzo a Tokyo 2020 (dove fu anche portabandiera), sempre nell’omnium; argento un anno fa a Parigi nell’americana, in coppia con Simone Consonni. Una medaglia che oscilla tra rabbia e orgoglio: se il suo compagno di avventura non fosse caduto a una quindicina di giri dalla fine, Viviani avrebbe festeggiato un altro titolo. Per sua fortuna, c’era ancora un’ultima notte di gloria dietro l’angolo.
Consonni-Guazzini di bronzo nella madison
La tarda serata italiana di sabato ha portato in dote alla spedizione azzurra la seconda delle tre medaglie totali della trasferta sudamericana: Chiara Consonni e Vittoria Guazzini – già campionesse del mondo nell’inseguimento a squadre – si sono ripetute nella madison, la gara che le ha consacrate sul trono di Olimpia a Parigi 2024. Stavolta, però, la coppia metà lombarda, metà toscana si è accomodata sul terzo gradino del podio, dopo aver lottato fino alla fine per il titolo. Oro alle britanniche Katie Archibald e Madelaine Leech (30 punti), argento alle francesi Victoire Berthod-Marion Borras (24 punti), bronzo alla coppia italiana con 20 punti.


















